Tempo di olive, questo. Tra chi fatica per raccoglierle e chi si gode una bella bruschetta, la domanda sorge spontanea: come si riconosce l’olio buono?
Partiamo da un’equazione, anzi da due: Toscana = buona cucina; buona cucina = olio buono. Non fa una piega, dirai. In realtà non è così scontato. Berlino, agosto 2013: arrivo nell’appartamento affittato per le ferie, apro il frigo e ci trovo una bottiglia di olio “italiano”, ormai parzialmente congelato. Roba da brivido.
Grazie a Dio in Italia con l’olio abbiamo un ottimo rapporto: sappiamo che nelle giuste quantità fa bene, e che indubbiamente è un valore aggiunto per qualsiasi piatto. In Toscana poi l’oro verde si lega indissolubilmente al paesaggio e a uno stile di vita genuino che certo fa invidia a tutto il mondo.
Detto questo, una domanda me la pongo ugualmente. Come si riconosce l’olio buono pe’ davvero? Anni di sagra della fettunta non mi rendono certo un’esperta in materia, perciò ho girato la domanda a chi se ne intende davvero.
L’olio in Toscana
A rispondermi è stato Giampiero Cresti, direttore di Olivicoltori Toscani Associati. Questa cooperativa raccoglie realtà di tutta la Toscana, unite da un comune denominatore di tutto rispetto: l’Olio Extra Vergine di Oliva Toscano I.G.P.: di per sé una garanzia di qualità.
Giampiero inizia raccontandomi la frenetica attività di questi giorni, con le olive che arrivano da tutta la regione al Frantoio di Cerbaia. Le quantità mi impressionano: si parla di 900 quintali di olive lavorate in 24 ore, sinceramente non riesco nemmeno a immaginarmelo.
È sorprendente pensare come un prodotto così antico nasca oggi da macchinari all’avanguardia. Eppure proprio la tecnologia è un vanto per la cooperativa: grazie alla tecnologia è possibile recuperare i sottoprodotti della lavorazione, per riutilizzare gli scarti scopi energetici e tutelare l’ambiente.
Come si riconosce l’olio buono?
Gli chiedo subito se è vero quello che si legge su tutti i giornali, ovvero che questo 2013 sarà una grande annata per l’olio toscano. La frangitura è ancora in corso, ma i segnali sono molto positivi sia in termini di quantità che di qualità. Proprio la qualità è la cosa più difficile da riconoscere; e qui torniamo alla domanda iniziale. Come fa un “profano” a capire se l’olio è buono?
Gli indicatori sono due, mi spiega: il profumo e naturalmente il gusto. Ebbene sì, l’olio lo devi prima di tutto annusare: se ti ricorda il verde e gli odori della natura, dei vegetali, dell’erba sei sulla strada giusta. E poi il gusto: l’olio toscano in bocca è un po’ amaro e leggermente piccante. Quel saporino forte è legato alla presenza di antiossidanti: quei conservanti naturali che peraltro fanno anche parecchio bene alla salute.
Il resto lo fa affidarsi a chi se ne intende, scegliendo denominazioni certificate. La famosa filiera corta, aggiunge Giampiero, qui la fanno dal 2005, quando alla ricostruzione del vecchio frantoio si è accompagnata l’apertura di una Bottega dov’è possibile acquistare non solo l’olio, ma tutti i prodotti delle aziende della cooperativa: dal vino ai salumi, dal formaggio al miele. Neanche a dirlo rigorosamente toscani.
Rispetto al vino, la cultura dell’olio non è ancora abbastanza diffusa: per questo al Frantoio si organizzano anche corsi di assaggio e degustazioni, e visite guidate per scoprire passo passo come nasce l’olio toscano. Vale la pena farci un salto, anche per riscoprire il piacere di una bella fetta di pane e olio.
Olivicoltori Toscani associati
Per informazioni sui corsi di assaggio, eventi e visite guidate
sede@olivicoltoritoscani.it