Una storia intensa e di grande attualità, che comincia a Firenze e finisce su un’isola dell’Uganda. Vi raccontiamo Punishment Island, il documentario di una regista fiorentina che per realizzarlo ha scelto i finanziamenti solidali 2.0.
Laura Cini è una regista fiorentina, che ha curato diversi cortometraggi proiettati a festival internazionali, prima di dedicarsi alla grave situazione in Uganda.
L’isola di Akampene si trova nella zona sud-occidentale del Paese africano, un luogo dove le donne non hanno accesso all’istruzione e al lavoro, e sono costrette a provvedere al sostentamento della famiglia, con devozione e sottomissione al marito.
Nelle comunità intorno al lago di Bunyonyi i rapporti sessuali prematrimoniali sono tuttora un pesante tabù. Fino a non molto tempo fa, le ragazze nubili in attesa di un figlio venivano condotte sulla piccola isola di Akampene – che nella lingua locale significa “punizione” – e lì venivano abbandonate, ripudiate dalle famiglie.
Un paesaggio incolto, dove le donne erano così destinate ad una lenta agonia. Nel documentario di Laura Cini Punishment Island sono le stesse sopravvissute a raccontare tutto questo.
Sopravvissute solo perché, gli uomini più poveri – non avendo mucche per pagare la dote – andavano sull’isola a cercare moglie, ben sapendo che le donne non avrebbero mai rifiutato pur di avere in salva la vita.
Laura Cini ha deciso di raccontare queste storie, realizzando un documentario: «In alcuni luoghi le difficoltà nell’allevare e crescere un figlio sono spesso così grandi da non poter essere taciute, allo scopo di suscitare domande importanti per la vita di ognuno di noi», ci confida la stessa regista.
Il team costituito dalla regista fiorentina, ha pensato di realizzare il progetto affidandosi al crowdfunding, un finanziamento collaborativo basato sui contributi da parte dei cittadini. Perfino la campagna presidenziale del 2008 di Barack Obama si servì in parte del crowdfunding, raggiungendo l’esorbitante cifra di 500 milioni di dollari.
Sono diverse ormai le piattaforme specializzate, come Kickstarter, Crowdcube o le italiane Kapipal ed Eppela, che stanno diventando un modello di finanziamento dal basso delle start-up. Andando su uno di questi siti, si propone un progetto, s’indica la cifra necessaria e il termine stabilito. Generalmente, se l’obiettivo non viene raggiunto, il programma decade e le quote vengono restituite.
È così che, Laura Cini – servendosi della piattaforma Ulule – si propone di raccogliere almeno diecimila euro, basilari per partire con una troupe in Uganda a completare le riprese necessarie a un premontaggio, per poter poi accedere alle risorse di fondazioni e broadcaster. Restano solo due mesi di tempo. Lo impongono le condizioni di vita precarie delle superstiti e il fatto che l’isola sta per esser sommersa dalle acque circostanti.
Questa vicenda rappresenta una delle tante discriminazioni che ancora oggi le donne di tutto il mondo sono costrette a subire.
Chissà che – come nel sogno americano di Obama – questa nuova solidarietà 2.0, unita alla potenza virale della Rete, non possa esser decisiva anche nel raggiungimento reale della parità di genere e nella tutela dei diritti umani. Oltre che nella realizzazione del sogno di questo giovane talento toscano.