La Toscana, si sa, è la patria degli insulti creativi. Per celebrare il popolo con il Paradiso negli occhi e l’Inferno in bocca, ecco 5 offese in fiorentino che dovreste conoscere.
Bischero
Forse la più nota, anche se tendenzialmente meno usata tra le nuove generazioni. La famiglia dei Bischeri era una delle più facoltose di tutta Firenze, i cui possedimenti erano collocati nella zona tra Piazza Duomo e via dell’Oriuolo, quell’incrocio che ancora oggi porta il loro nome.
Ai tempi in cui si decise di costruire la Cattedrale di Santa Maria del Fiore (1294 circa), i Bischeri erano proprietari di molte case nella zona dove la Repubblica Fiorentina aveva progettato l’edificazione del Duomo: il governo decise allora di offrire loro un’ingente somma di denaro per acquistarle tutte e liberare così l’area.
Si racconta che la famiglia rifiutò l’offerta, per tirare ancora sul prezzo; alla fine però il governo fiorentino, stanco delle loro eccessive richieste, decise di espropriare le case,per poi risarcire i Bischeri con ben pochi fiorini d’indennizzo.
Secondo un’altra popolare versione invece, un incendio distrusse completamente il quartiere, lasciando così i Bischeri, che non avevano voluto cedere all’esproprio, senza casa e senza il becco di un quattrino. Da allora in Toscana il termine «bischero» indica una persona poco furba e tendente all’ingenuità.
Botolo
In parte assimilabile alla variante livornese «budello» o al cosiddetto «tegame» pisano, questa espressione indica solitamente una persona di piccola statura e grassottella. Spesso seguito dal complemento di qualità «di merda», il termine botolo deriva probabilmente dalla parola latina butio, indicante un uccello che grida.
Già nella Divina Commedia abbiamo tracce di questa colorita espressione. Nel XIV canto del Purgatorio, ai versi 46-48, leggiamo:
«Botoli trova poi, venendo giuso,
ringhiosi più che non chiede lor possa,
e da lor disdegnosa torce il muso».
Qui l’espressione indica dei cani ringhiosi e tarchiati, ai quali vengono paragonati gli aretini. Frequente è poi l’associazione di questo termine all’indelicata frase «tu fa’ prima a sartallo che a giracci intorno».
Bucaiolo
Un termine che solo in tempi recenti ha assunto una valenza offensiva, traducibile con «bastardo» e spesso sostituito con il più colorito insulto «merdaiolo».
Una bucaiola, come insegnano i bastardissimi Amici miei, può indicare anche una donna dai facili costumi, che altro non merita se non un sonoro Vaffanzum, una variazione cantata delle offese in fiorentino.
Esistono diverse storie che narrano le origini di una delle più caratteristiche delle offese in fiorentino, indicante di solito antichi mestieri legati alla città di Firenze. Noi vi avevamo raccontato la versione più famosa.
Fava
Soprannome ironico con cui si autodefiniscono i fan del gruppo Elio e le Storie Tese, in Toscana indica in modo volgare il membro maschile.
Apostrofare qualcuno come «fava», significa attribuirgli le qualità del suddetto organo sessuale, dunque definendo la persona in questione come poco intelligente e non propriamente sveglia.
Questo scherzoso nomignolo è spesso utilizzato per rispondere alle supercazzole, andando a fornire al verbo «puppa» un degno complemento oggetto. Indimenticabile la scena di «Amici miei», dove il Professor Sassaroli, per giustificare l’amante di turno, arriva a definirla una «nipote da parte di fava».
Grullo
Un po’ come «bischero», anche questa espressione appartiene alle offese in fiorentino più tipicamente vintage. L’etimologia del termine deriverebbe dallo spagnolo «grulha», indicante le oche o le gru e dunque una persona semplice e poco accorta, oppure dal tedesco «grullan», che significa proprio deridere, beffare.
Nella Firenze rinascimentale la parola «grullo» era associata alla nobile famiglia Dal Borgo. Questo legame è dovuto ad una famosa ricorrenza della tradizione popolare della città, lo scoppio del Carro.
La famiglia Dal Borgo, insieme a quella dei Pazzi, erano quelle che per le celebrazioni pasquali si occupavano dell’organizzazione dell’evento. Nello specifico, i Dal Borgo avevano il compito di organizzare il traino del Carro, fornendo due contadini e due buoi che lo trasportassero fino a piazza Duomo.
I contadini e i buoi venivano percepiti come fuori luogo dai fiorentini che assistevano al corteo, quasi fossero un dettaglio bifolco rispetto al contesto elegante e raffinato della sfilata, tanto che venivano spesso appellati come «grulli».
Nel caso in cui questo breve compendio sulle offese in fiorentino non vi fosse bastato, ecco un tutorial del buon vecchio Mario Cioni. Da seguire alla lettera.