Alzi la mano chi non ha mai sognato il travolgente coast to coast sulla Route 66, magari in autostop. Gli anni passano, ma The Beat Goes On.
Questi ultimi mesi lo confermano, con il moltiplicarsi di libri e film all’insegna dei beatniks.
Il cinema, in primis. Dopo l’exploit di James Franco nei panni di Allen Ginsberg in “Howl” di quest’anno, il grande schermo nel 2012 sembra essere destinato ad essere dominato dalla leggenda della beat-generation: Jack Kerouac. Un film ispirato al suo epitaffio letterario “Big Sur”, ma anche e soprattutto l’attesissimo “On the road”.
Walter Salles (sua la regia de “I diari della motocicletta”) passa da Che Guevara al libro culto della beat generation, con davanti alla macchina da presa un cast d’eccezione, che va da Viggo Mortensen a Kristen Stewart a Kirsten Dunst. Nel ruolo di Sal Paradise (il protagonista creato da Kerouac a sua immagine e somiglianza) ci sarà Sam Riley, ormai stella del cinema indipendente dopo la clamorosa mimesi con lan Curtis nel biopic “Control”. Se non bastasse, alla produzione c’è Francis Ford Coppola. Una trasposizione cinematografica tanto agognata, quanto – tutt’oggi – inedita.
E se non bastasse, c’è un doppio appuntamento anche in libreria. Olga Campofreda ha intervistato Lawrence Ferlinghetti, poeta e leggendario proprietario della libreria City Lights di San Francisco (teatro di readings epocali) e dell’omonima casa editrice, senza il quale forse non avremmo mai letto i capolavori beat (compreso “Urlo”, che gli costò l’arresto). Il risultato è “Caffè Trieste” una raccolta delle testimonianze di chi quel mito l’ha vissuto davvero.
Ma l’attesa è soprattutto per “The sea is my brother”, un inedito del 1942 firmato – neanche a dirlo – Kerouac. L’uscita in inglese è prevista per fine Novembre, mentre ai cultori italiani per il momento non resta che incrociare le dita. Magari leggendo: “E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche”, inconfondibile nel titolo, quanto nella coppia di autori: William S. Burroughs e Kerouac; che qui raccontano un assurdo e tragico episodio di cronaca realmente accaduto (a loro, per inciso).
Tatuato sui propri corpi e nelle proprie anime, come nella migliore tradizione bohemiénne.
Che dire, la strada del beat è ancora lunga. E come direbbe avrebbe detto Dean Moriarty a Sal Paradise: ”Sai, Sal: l’importante non è arrivare, è andare”.