Lo scatto di una macchina fotografica, poi lo scoppio di una mina antiuomo. È il 25 Maggio 1954, e il sipario umido della guerra in Indocina si chiude sulla carriera e sulla vita di Robert Capa.
Inviato di Life, cofondatore della leggendaria agenzia Magnum. O, più semplicemente “Il più grande fotografo di guerra del mondo”. Un appellativo guadagnato due decenni prima, nella Spagna dilaniata dalla Guerra Civile: un primato mai ceduto, per colui che resta il vero eroe romantico della storia del fotogiornalismo.


Come ogni eroe che si rispetti, il suo cammino inizia in modo epico. Parigi, 1933. Lui è ancora Endre Friedmann, ungherese, spiantato e sfrontato. Lei è Gerda Taro, la donna che ne cambierà per sempre il destino.
É la clamorosa lungimiranza di questa tedesca intraprendente, futura indimenticabile fotoreporter, a trasformare Endre in Robert Capa, famoso reporter americano. Più che uno stratagemma pubblicitario, un’incredibile premonizione.

Un sodalizio di amore e passione condivisa; una coppia d’assi spezzata proprio in Spagna, dove Gerda rimane uccisa. La Leica di Robert continua a scattare, confine dopo confine, battaglia dopo battaglia. Cina, Messico, Italia, fino allo sbarco in Normandia. Sempre in prima linea, anche in Germania, dove arriva paracadutandosi nel 1945.
E poi le ferite dell’ Europa Orientale del Dopoguerra, attraversata con l’amico John Steinbeck, che ricorderà come “Capa sapeva che non si può fotografare la guerra, che è soprattutto un’emozione. Tuttavia egli fotografò quell’emozione, riprendendo ciò che le stava accanto”.
Ma anche gli eccezionali ritratti: Picasso, Matisse, Capote, Faulkner, Hemingway, John Huston.


A descriverlo, cogliendone appieno i tormenti e la lucidità, bastano le sue foto: brutali e poetiche, perentorie e al contempo velate da un’ombra di consapevolezza e malinconia.
Istantanee di un animo sempre leggermente fuori fuoco. Un caleidoscopio in bianco e nero, in quello che appare come un lunghissimo addio alle armi, e al mondo.



Impossibile ricordare il suo sterminato valore in poche righe. Meglio allora mutuare le parole del fratello e fotografo Cornell:
“La sua vita è stata la testimonianza di una difficoltà superata, di una sfida accettata, di un gioco d’azzardo vinto, salvo alla fine.
Si è lasciato alle spalle il racconto del suo viaggio straordinario e una testimonianza visiva che proclama la sua fiducia nella capacità del genere umano a sopportare e, di tanto in tanto, a vincere.”
