Il 10 luglio 1888 nasceva, a Volos in Grecia Giorgio de Chirico, pittore, scenografo, teorico e scrittore. Il padre della pittura metafisica, probabilmente il più grande artista italiano del Novecento.
Trascorre infanzia e prima giovinezza in Grecia fino al 1906 quando con la madre e il fratello (Andrea alias Alberto Savinio), dopo un breve soggiorno in Italia, si trasferisce a Monaco di Baviera.
Lì entra in contatto con i fermenti culturali più vitali del periodo, frequenta i musei, si avvicina alla filosofia, Nietzsche, Schopenhauer e Weininger e si accosta allo studio di artisti quali Arnold Böcklin e Max Klinger dei quali subisce suggestioni e richiami chiaramente rintracciabili nel suo lavoro di quegli anni.
Monaco è anche paradossalmente il luogo dell’incontro con l’antico, il luogo che ha già in sé il seme della metafisica per essere la città stessa un miscuglio allucinante di copie e rimandi, dai templi greci a palazzo Pitti.
È da qui che nascono i riferimenti architettonici e spaziali per i dipinti de Le piazze italiane e molti altri; riferimenti rintracciabili in diversa misura lungo tutta la sua produzione.
La metafisica è un’allusione; un’allusione a una realtà diversa che non si vede, che è oltre. Di fatto in quella pittura, la realtà che noi conosciamo per la nostra esperienza appare densa di altri significati, enigmatici e misteriosi.
L’elaborazione della teoria metafisica è datata 1916 e realizzata insieme a Carrà, ma de Chirico ne rivendicherà la nascita già a Parigi nel 1912.
Negli anni ’20 ancora a Parigi si avvicinò ai Surrealisti ma la dimensione onirica così cara a questi non fu mai accettabile per de Chirico, che invece fece sempre costante ritorno, anche in età avanzata, alla pittura metafisica e alle suggestioni conquistate negli anni di gioventù.