La donna del David: intervista alla restauratrice Cinzia Parnigoni

Una pioniera del restauro, che ha riportato il David e il Ratto delle Sabine ai loro antichi splendori. Ho fatto quattro chiacchiere con Cinzia Parnigoni, che mi ha spiegato questo mestiere tutto al femminile. 

Quando parla del David si emoziona ancora, sebbene siano passati più di 8 anni dal suo intervento sul colosso di Michelangelo. Cinzia Parnigoni, di professione restauratrice, riesce a commuoverti con un semplice racconto, quello di una donna profondamente innamorata del suo lavoro, grazie al quale è riuscita a guardare dritto negli occhi l’uomo più bello della Terra. 

Milanese di nascita e residenza, Cinzia esibisce un curriculum d’eccezione, che inizia con gli studi all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e culmina con il recente restauro del Ratto delle Sabine. Nel mezzo, una carriera costellata di prestigiosi successi, dal restauro dei Prigioni a quello del David, senza dimenticare la sua attività privata con Arte R.O.S.A. 

cinzia parnigoni

Qual è stato il tuo percorso professionale?

Ho cominciato studiando all’Opificio delle Pietre Dure, proprio nell’anno in cui la Scuola ha inaugurato. Mi sono specializzata in restauro di sculture in materiale lapideo. Dopo il diploma sono tornata a Milano, iniziando la mia attività. Quando mi sono affacciata sul mondo del lavoro, il titolo di studio conseguito all’Opificio costituiva un ottimo biglietto da visita, anche perché esistevano ancora pochi restauratori specializzati in scultura. 

Essendo una delle poche allieve dell’Opificio, mi è stata data un’occasione a Firenze: ho cominciato a lavorare per la Soprintendenza, facendo esperienze sul materiale in terracotta. Mi sono poi inserita all’Accademia delle Belle Arti e come primo lavoro mi sono occupata del restauro dello corrimano delle scale. Dopo la gavetta, è arrivata la volta dei Prigioni di Michelangelo, della Gipsoteca, del David e infine del Ratto delle Sabine. 

Come hai vissuto il restauro del David?

Eravamo un bellissimo squadrone, un team compatto e tutto al femminile, dal Comitato Scientifico alla Soprintendenza. Ricordo tantissime emozioni: non è stato un restauro particolarmente impegnativo da un punto di vista tecnico, ma ogni giorno suscitava in me pensieri ed emozioni di ogni tipo. Inizialmente il restauro del David era già stato affidato ad un’altra persona, poi il destino ha voluto che le cose cambiassero: quando mi richiamarono, quasi non credevo alle mie orecchie. 

restauro david michelangelo

Com’è la presenza femminile nel mondo del restauro?

Ormai sono una restauratrice di vecchia generazione e posso affermare come il restauro sia un mestiere femminile, in quanto le caratteristiche e le attitudini necessarie per svolgerlo sono tipicamente femminili, anche se ci sono ovviamente valevoli eccezioni. È un lavoro in cui è richiesta pazienza, precisione, come una volta era per le ricamatrici. 

La più grande soddisfazione che hai ricevuto con il tuo lavoro?

Il David resta in assoluto quella più grande, perché è una scultura con un potere energetico ineguagliabile. Anche il restauro del Ratto delle Sabine è stato uno dei lavori più esaltanti: eravamo tutte gasatissime, anche per via del materiale particolare, la terra cruda, con cui abbiamo lavorato. È stato un intervento affrontato e vissuto come una splendida avventura, dove abbiamo avuto la possibilità di provare e sperimentare continuamente. 

Ci sono stati però tanti altri lavori meno noti ma ugualmente appaganti, perché quando ti accorgi che il tuo intervento trasforma le cose ed è in grado di riportarle ad uno stato magnifico, quando sculture che vertono in stati disastrosi tornano finalmente vita, è una sensazione unica e indescrivibile. 

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