Esclusiva: intervista ai Lacuna Coil

Un gradito ritorno a casa. In vista del live del 27 Ottobre al Viper Theatre, abbiamo intercettato Marco Coti Zelati – bassista dei Lacuna Coil – che ci ha concesso un’intervista esclusiva:

(di Leonardo Capanni, con la collaborazione di Francesca Golini)

Un LP in uscita per Gennaio 2012 e, nel frattempo, un’intensa attività live in Italia: Lacuna Coil, che effetto fa tornare in patria dopo anni di Stati Uniti?

Beh, diciamo subito che il nuovo disco uscirà ufficialmente il 23 gennaio 2012. Per il resto, abbiamo programmato diverse date nei club: una sorta di riscaldamento. Perchè siamo stati fermi per un po’ (più di un anno) e sarà quindi un’emozione tornare a suonare in posti dove andiamo pochissimo, in alcuni casi inediti. Per la maggior parte abbiamo scelto una dimensione piccola, proprio per introdurre al meglio tutte le novità ed i nuovi brani che andranno a comporre il nuovo LP.

Una band metal-oriented seguitissima all’estero, come la vostra, è l’esempio massimo della c.d. ”fuga di talenti” fuori dall’Italia. Fra le molteplici differenze, qual è quella che più vi ha colpito fra la realtà artistica USA e quella italiana?

Diciamo pure che il Rock e il Metal negli Usa, e in tutto il mondo anglosassone, godono di considerazione a tutt’altro livello. E godono anche di un rispetto maggiore, a volte di venerazione. Cosa che in Italia non è affatto possibile. Un’immagine che ricordo sempre come esplicativa è quella di una High School statunitense, dove concedevano basso e chitarra agli studenti. Da noi c’è ancora il flauto. Anzi, il piffero (ride, ndr.). E’ un altro mondo: una realtà dove gli equipaggiamenti, gli strumenti, i luoghi sono facili da trovare. Questo porta allo sviluppo di un numero di talenti incredibile, famosi o meno. Ma il punto focale è che: la musica considerata alternative è al centro della scena. Mentre in Italia tutto ciò è visto quasi esclusivamente come un hobby, o poco più. Se non rimanendo all’interno del sepolcro-pop italico. L’altro grande distinguo è che in Usa le nuove band sono sponsorizzate, investendo decisi sulle preferenze dei giovani.

Più di due anni senza rilasciare un nuovo album; fra poco uscirà ”Dark Adrenaline”. Cosa si devono aspettare i fan?

E’ stato un grosso lavoro, impegnativo. Ci ha occupato più di un anno; ma è un disco tosto: un insieme di pezzi immediati e brani oscuri, come ci piace definirli. C’è spazio per il ritmato e per il gothic. E’ principalmente un mix di cose nostre, ma adatto al 2012. Lo abbiamo registrato a Milano, negli studi delle Officine Meccaniche (dove già hanno registrato i Muse, ndr); l’abbiamo poi rifinito in USA, a Los Angeles. E’ poi stato masterizzato e mixato di nuovo qua, a Milano. Quindi, sotto certi aspetti, è anche un disco in equilibrio fra i due mondi citati prima.

Nonostante le etichette di rito non siete mai rimasti fermi su di un genere, su una formula vincente; cosa vi spinge a cercare sempre qualcosa di nuovo nel processo creativo?

Cerchiamo. Da sempre. Abbiamo sempre contaminato il nostro sound, pur rimanendo nello stile-Lacuna Coil: a volte provando cose più Rock o più Hair, tenendo sempre l’orecchio attento alle influenze del momento. Ma perseguendo sempre una strada ed un approccio personale, senza imitare troppo insomma. Per questo ti dico che ci vuole tempo per trovare gli elementi adatti al proprio stile. Noi, strada facendo, abbiamo trovato il nostro: ci piace crescere e guardiamo sempre oltre, al futuro. Siamo persone così, ancor prima che musicisti.

Dall’alto della vostra carriera e del vostro successo internazionale: Cosa sentireste di consigliare ai giovani, in Italia, che cercano di ritagliarsi uno spazio ed un’indipendenza suonando?

Beh, sinceramente se in Italia vuoi proporre un certo tipo di musica ”non-italiana”, allora dico di andare all’estero: fare un’esperienza fuori. Uscire. Non c’è bisogno di andare dall’altra parte del mondo, basta anche Londra. E’ la miglior cosa da fare, perchè esiste la miglior scena per lavorare in quell’ambito. Se, invece, non si può fare una scelta del genere, allora dico di lavorare molto sugli stili e puntare su etichette estere, per capire come funziona il tutto. Noi abbiamo iniziato proprio così, con un’etichetta non italiana. Insomma, prima di tutto: Vivere, viaggiare. Perchè certe cose non puoi impararle a scuola, ma – a volte – sono più importanti che ”imparare”. Quindi: in primis, mettersi in gioco dal punto di vista personale, poi lavorativo.