Hidden Treasures, letteralmente: ”I tesori nascosti”. Si tratta di un’opera postuma ed inedita di una delle voci più amate del nuovo millennio: Amy Winehouse.
A pochi mesi dalla tragica scomparsa della giovane cantante inglese, arriva un disco dal sapore di epitaffio artistico: un LP fra omaggi, cover, duetti di prestigio e pezzi originali. Una summa artistica, improntata alla scoperta di ciò che poteva essere e che mai sapremo.
Un’operazione veicolata e curata dal padre e dai produttori di Amy, custodi delle ultime fatiche e sperimentazioni della diva londinese. Un album in forma di testamento, anche e sopratutto per quel che riguarda struttura e collaborazioni. Dodici tracce che compongono la parabola musicale – fra soul, pop e R&B – degli ultimi 45 minuti in stile Winehouse: un percorso altalenante e difforme, ondivago.
Specchio dell’ Io e della tumultuosa anima di Amy. Un disco arricchito di collaborazioni eccellenti, come quella con Tony Bennett. E di cover-memorabilia, come quelle di Our Day Will Come (del 1963) ed il classico The Girl From Ipanema. E c’è pure il tempo e lo spazio per un omaggio eccellente, quello a Donnie Hathaway: idolo e fonte d’ispirazione (in toto) per la cantante. Anch’egli morto – suicida – in giovane età. In uno strano e tragico connubio di finali incrociati. Come nelle tragedie Elisabettiane.
Insomma, al di là della tempistica dell’operazione, in questo caso contano materiale ed artista in causa. E fra giornate sempre più fredde e scrosci di pioggia sempre più frequenti, un buon rifugio (o rehab?) è offerto dalla musica. E dal timbro inimitabile di una delle (poche) icone che hanno attraversato e segnato questi stralunati anni-zero.