Lo scultore colombiano Fernando Botero espone per la prima volta nuove sculture e dipinti a Pietrasanta, sua citta d’arte d’adozione. Dal 7 luglio una mostra per celebrare i suoi 80 anni.
C’è un grosso gatto sopra le gradinate della Chiesa di Sant’Agostino, nel cui interno sono collocate buona parte delle opere del maestro. E’una mattina calda ma ventilata, è il 7 luglio, giorno dell’inaugurazione della mostra.
Sei enormi sculture in bronzo, materia principe per l’artista, sono già posizionate e visibili ai passanti nella piazza più grande di Pietrasanta, Piazza del Duomo, fulcro della vita cittadina.
Alle 12 (puntuale) arriva Botero, cittadino onorario dal 2000, per la conferenza stampa. Un uomo, un artista del nostro tempo, ha già ottant’anni ma non li dimostra.
“Ho cominciato per intuizione” racconta “nel 1952 a Firenze ho visto Giotto e Masaccio che mi hanno confermato l’importanza del volume”.
Botero è a tutti noto come lo scultore delle forme, l’artista che raffigura in pittura come in scultura, uomini e donne dai volumi esagerati, inclusi anche oggetti ed animali.
Il volume nell’arte come nella realtà è per lui “l’esaltazione dell’esistenza dell’oggetto”. Sostiene come oggi la pittura sia piatta e neghi ben cinque secoli d’arte.
Il Maestro risponde amabilmente alle domande degli intervenuti. Si sente a suo agio in quel luogo e tra quella gente, che conosce assai bene.
Il suo italiano è abbastanza buono, non cela le sue origini sudamericane quando rammenta Medellin, città natale, ma fa profonda professione di fede per Pietrasanta, un “ambiente totalmente artigianale” quando l’aveva scoperta più di trent’anni fa.
La sua arte è arte pubblica, per tutti. Oltre ai bronzi in piazza, anche le sale che accolgono gli acquarelli e gli altri dipinti, all’interno del chiostro del Complesso di Sant’Agostino, sono ad accesso libero per tutta la durata della mostra.
Oltre ottanta i capolavori esposti, tra grandi e piccoli, in bronzo, su carta e su tela, con la semplice matita pastello, la sanguigna, il carboncino.
Una sala è dedicata completamente ai disegni che raffigurano il mondo circense e quello della corrida, temi a lui cari, legati alle sue tradizioni.
“La bellezza nell’arte non ha niente a che vedere con la (presunta) bellezza della realtà” – riferendosi al prototipo di bellezza della donna nel terzo millennio. “E quello che (pare) brutto nella vita è bello nell’arte.”
Con queste parole illuminanti, il Maestro ringrazia e fugge via, non prima di concedere qualche flash e un paio di autografi. Un bimbo di circa sei anni gli si avvicina, accompagnato dalla madre.
Lo adora, ha con sé un poster e un disegno fatto a scuola. Cerca un autografo, come se davanti avesse un idolo musicale. Ha solo sei anni, ed è già un suo ammiratore. E’ tutta qui spiegata la grandezza di un artista che continuerà ad affascinare generazioni e generazioni.