Cronache di una notte all’Arco di San Pierino

È uno dei luoghi più discussi del centro di Firenze: un tunnel di 30 metri che di notte si anima con una sfilata socio-alcolica in bilico fra parossismo e degrado urbano. Ma c’è di più.

Metti una notte di mezza estate e la sfiga di rimanere a vagare in città, sognando magari le ferie che dovrò procrastinare. Al di là dell’invidiabile condizione esistenziale 2.0 – tra una zanzara e l’altra – decido di trascorrere l’intero sabato notte a San Pierino.

Pazza idea? Beh, forse. Convinto che il reportage possa sfociare in un licenziamento in tronco, mi avvicino ancor più deciso al tunnel del divertimento (si fa per dire).

Arco di San Pierino, Firenze di notte

Esiste una sola parola che negli ultimi anni ho letto e sentito riguardo questo luogo che tutti i fiorentini conoscono: degrado. Costantemente associata a quei 30 metri protetti da una volta medievale.

E dove pare che tutto venga fagocitato da sporcizia, alcool, violenza, droghe, estremismi ideologici (?) e un caotico melting pot. Tale descrizione disegnerebbe un angolo da far invidia alla periferia suburbana di Los Angeles, però nel bel mezzo di Sant’Ambrogio.

Arco di San Pierino, Firenze by night

Insomma, al posto della sanguinosa faida latinos-colored, delle pistole illegali, dei denti d’oro e del gansta-rap, prendete un kebabbaro dalla memoria di ferro, qualche venditore di rose dotato di camicia in stile Al Pacino in Scarface e datate strofe di Bryan Adams che escono prepotentemente da un noto pub allietando una confraternita yankee alla ricerca di una sbronza con vista.

arco di san pierino Firenze

Aggiungete un po’ di casino sparso, luce ovattata e una galleria di personaggi degna di un film dei fratelli Coen. Sostanzialmente, ci siamo.

Arco di San Pierino Firenze

Cerco di muovermi con nonchalance tra uno strano chiacchiericcio che unisce il fiorentino all’italo-americano più spinto per arrivare allo spagnolo e al turco. È un po’ come tornare in Erasmus, soltanto con outfit che se la battono in ricercatezza con i testi di Povia. Sono ormai le 24, e i cestini si presentano così.

Arco di San Pierino Firenze

Tra ciclisti su tre ruote a petto nudo, squatteraggio alla ricerca di spiccioli nei distributori automatici di sigarette e “ciao bella!” ad ogni passo, finisco per gustarmi uno shot di straordinaria fattura dal vero dominus di quest’angolo fiorentino: Eby’s.

Ebis Firenze

Icona della Firenze notturna, figura a metà tra scienziato ed artista: il Doc del rum caraibico. Anche se al posto di Grande Giove! ci esorta con: “Vai, vai, vai! E non scordare la banana!”. Inossidabile leggenda al retrogusto di caffè.

Firenze di notte

Più i minuti passano e più il tunnel si fa passerella di un centro città ormai mutato, globale. E oltre agli immancabili venditori di strada, spuntano, in un mix irripetibile, comitive di turiste scalze in mezzo a mozziconi di sigaretta: novelle Giucas Casella sui carboni ardenti. Che però esclamano: “Where’s my Dolce Vita?”. Minuto di silenzio. Sgomento.

Arco di San Pierino Firenze

E così arriva velocemente l’orario durante il quale tutto può accadere. È quel lasso di tempo che racchiude fuori sede e fuori corso, odore di piadine bruciacchiate e rimorso per esami rimandati a data da destinare; turisti e autoctoni che planano verso un hangover su gusto vodka, commercianti zelanti, mise al limite della querela e fiorentini in cerca di una svolta da dare al sabato notte. Che, puntualmente, non arriverà.

È il crepuscolo dei sogni delle generazioni post muro di Berlino: è il momento del kebab. Una sarabanda urbana, coi suoi riti e il suo slang specifico: “Mi ci metti tutto!”, “Che c’è in quella salsa?”, “Oh! Birre le vendi ancora, vero?”. Qui, infradito e cipolle si fondono in un loop unico e caotico (insieme a birre rovesciate). Ma tutto fila via liscio. Tranquillo.

Arco di San Pierino Firenze

All’improvviso, mentre sto per andarmene, spunta un genio visionario: prende, consuma e se ne va. Un grande classico. Come la rincorsa del commerciante. E conseguente situazione di stallo, con spiegazioni surreali biascicate insieme all’insalata.

E per un momento, tra sguardi fissi e lunghi silenzi, pare di assistere ad un triello in perfetto stile Sergio Leone: spaghetti western. Pardon, kebab western. La risposta globish al western d’autore. E mentre spunta la luce della dodicesima volante nel giro di due ore, tutto si risolve. A parte quei calzini, ovviamente.

Arco di San Pierino Firenze

Ormai è tardi e proprio mentre tutto volge ad un’alba fitta di disillusione ed analgesici, una love story da fiction americana è appena esplosa proprio sotto i miei occhi. Trascinata dall’alcool e dall’euforia.

Mentre me ne vado, ecco un solitario conquistador fiorentino dall’aria navigata: si lancia in un improbabile approccio in inglese maccheronico, salvo lasciar perdere tutto sul più bello. Si guarda intorno e dichiara: “Anche stanotte ‘un si tromba. Via, meglio un kebab”. Tutto sommato riesce a strappare più di una risata.

Arco di San Pierino Firenze

E forse a dare un senso a questo miscuglio strano che in 30 metri abbraccia voglia di evadere, povertà, flirt abbozzati, accattonaggio, esperanto, camminate senza una meta, baci alcolici, odore di salse sconosciute, outfit coraggiosi, sandali pseudo-alternativi, etnìe lontane, reduci da club, reduci da botellòn, snobismo su tacchi o in camicia e stramberie fuori orario. Come nel capolavoro notturno di Martin Scorsese.

C’è chi lo chiama degrado. Sì, può darsi, inutile negarlo. Ma approfondendo un attimo parrebbe più un museo di quella galleria di freak e nichilismo che è parte integrante della città e della società in cui viviamo. E che (forse) abbiamo voluto così com’è?

Credits foto in evidenza: Wikimedia